Uno spazio di riflessione e ricerca per ritrovarsi

A marzo 2020, durante il lockdown conseguente alla prima ondata del Covid-19, come Studio APS abbiamo realizzato una ricerca volta a esplorare cosa le persone stessero vivendo in quel particolare momento dal punto di vista personale, familiare e organizzativo. Abbiamo incontrato e intervistato circa 200 tra dirigenti, responsabili e professionisti appartenenti a varie organizzazioni, che stavano fronteggiando con strumenti ed esiti diversi l’emergenza sociale e sanitaria.

A distanza di due anni, il prossimo 21 giugno 2022, vorremmo proporre un nuovo momento di riflessione per ritornare su alcune delle questioni emerse dalla ricerca e che oggi si ripropongono con una maggiore evidenza.
Nel lavoro di consulenza e nelle diverse pubblicazioni su riviste e ricerche nazionali e internazionali osserviamo come la pandemia abbia radicalizzato e fatto emergere nei contesti organizzativi questioni già presenti prima del Covid-19. Tra le tante questioni, vorremmo approfondire come cambia il rapporto delle persone con il lavoro.


I valori dell’esperienza lavorativa/professionale


L’emergenza pandemica (così come oggi i drammatici eventi sullo scenario internazionale) ha sollecitato nelle persone una riformulazione del senso del lavoro, modificando nelle proprie scelte professionali e personali la gerarchia e l’ordine dei valori. Nelle vite personali e lavorative vi è stato uno “scossone”. Ciò ha fatto emergere in modo più dirompente e più visibile differenti posizioni sul rapporto con il lavoro.

Per alcuni soggetti, l’esperienza lavorativa sembra non rivestire più un ruolo centrale per la realizzazione di sé e per la costruzione e lo sviluppo della propria identità. Gli oggetti di identificazione e individuazione sembrano essere altri, ad esempio le passioni individuali o la famiglia.

Il ripensamento del senso del lavoro si è manifestato in modi diversi, dall’elevato livello di turn over (specialmente nei servizi) al fenomeno, oggi continuamente sottolineato da media e social, delle grandi dimissioni, dell’uscita dal mondo del lavoro tradizionalmente inteso. Per le nuove generazioni, poi, vi è un’attenta valutazione delle scelte economiche e ambientali fatte dalle aziende, e del modo in cui queste interpretano la sostenibilità.

Accanto a chi corteggia l’ideale della great resignation, continua a esserci chi mette la propria carriera professionale al centro del proprio stare nelle aziende e nei servizi o che sfrutta al massimo le opportunità che questa situazione ha offerto per reinventarsi una nuova attività o un nuovo modo di lavorare.

Inoltre, vi sono anche coloro che non vivono il lavoro come una libera scelta ma come una necessità imprescindibile. Questi portano nelle organizzazioni attese elevate di ascolto e richieste di sostegno importanti per gli equilibri di vita.


Contrapposizioni e conflittualità


Nei contesti lavorativi è critica la possibilità di ricomporre le diverse modalità di vivere il rapporto con il lavoro. Ma soprattutto come possono coesistere i molteplici piani di senso apparentemente distanti e contrapposti.

In alcune situazioni le differenze di valore attribuite al lavoro rischiano di polarizzarsi e, di conseguenza, generare ed esasperare conflittualità.
Probabilmente le conflittualità si esacerbano anche a seguito del momento storico che abbiamo attraversato e stiamo attraversando. Il tono del dibattito sulla scelta di vaccinarsi, sull’obbligo del green pass, sulle diverse restrizioni poste dalle diverse Istituzioni dello Stato (e oggi alle strategie da adottare per arrivare alla pace) tende a trasformare le divergenze in dilemmi intrattabili e indiscutibili.

Sono piani contrapposti che sembrano indiscutibili e quindi non trattabili, forse per il venir meno di un orizzonte di senso condiviso fra i soggetti e di una cornice comune di significato. Una mancanza che rende molto difficile istituire un’unità minima di identificazione collettiva in ciò che si produce e quindi di tenere insieme le diversità.


La governance e le istituzioni


L’aver introdotto il lavoro agile, smantellato in parte gli uffici e incentivato le riunioni online ha aperto degli interrogativi sulle possibilità dei responsabili di entrare in contatto con il conflitto.

Negli interventi di consulenza abbiamo osservato come spesso questi nuovi funzionamenti nel ridurre i momenti di incontro, indebolire la corporeità degli scambi e perdere la dimensione intersoggettiva del lavoro abbiano portato gli individui a non vedere, negare, reprimere, o pacificare e ammorbidire i conflitti. Ma soprattutto hanno influenzato fortemente la governance delle organizzazioni da parte di coloro che rivestono ruoli di responsabilità.

Alcuni responsabili hanno interpretato l’esercizio della propria autorità all’interno del codice istituzionale. Nella gestione dei conflitti si sono appellati alle dimensioni normative e procedurali. Hanno cercato di “governare” il conflitto, gestirlo e risolverlo attraverso l’autorità formale conferita dall’istituzione. Altri hanno cercato di svincolarsi dalle modalità burocratiche esercitando una maggiore libertà nell’accompagnare i processi decisionali, mettendo in atto una visione più articolata e profonda delle diverse tensioni e richieste. Quasi tutti i soggetti che esercitano funzioni di direzione si sono sentiti soli e molto esposti nel leggere i cambiamenti.

A livello generale constatiamo comunque come ci sia stato poco spazio – per chi ricopre ruoli di direzione e coordinamento – per sostare, fermarsi a pensare su come interpretare la propria funzione di direzione all’interno delle trasformazioni del rapporto con il lavoro. In generale ci si è concessi poco tempo per rielaborare il cambiamento catastrofico che è accaduto e che tuttora viviamo. Forse non ci rendiamo conto di quanto, da due anni a questa parte, siamo immersi in una continua e accelerata fase di sperimentazione sociale. Sperimentazione che, se non viene sufficientemente elaborata, può lasciare dietro di sé stanchezze e sofferenze, che possono portare le autorità ad agire in una logica prevalentemente difensiva o conservativa.


L’organizzazione della giornata


Alla luce di queste considerazioni, il prossimo 21 giugno ci troveremo a riflettere sul modo in cui le rappresentazioni del senso del lavoro si sono modificate nell’ultimo biennio e sulle modalità con cui chi ha funzioni di direzione, responsabilità e coordinamento può agire una governance dei processi produttivi. Oggi ci sembra importante sviluppare una conoscenza più ravvicinata delle persone al lavoro, delle loro potenzialità, desideri e interessi. Ciò per poter aprire delle aree di confine più che delle linee che segnano dei posizionamenti. Ma anche collocare le distanze e le differenze in un contesto più ampio che consenta di investire nelle dimensioni soggettive per far convergere verso gli obiettivi organizzativi.

L’organizzazione della giornata prevede la mattina una sessione plenaria con il contributo di un professionista dello Studio APS e altri contributi che ci aiutino a comprendere il momento storico che stiamo vivendo per rintracciare chiavi di lettura e analisi originali. In particolare, ci piacerebbe proporre pensieri che consentano di dislocarci, di spostarci dalle nostre visioni per sperimentare altre prospettive di lettura e comprensione.

Nel pomeriggio sono previsti workshop di approfondimento in cui verranno portate delle esperienze e sarà possibile aprire uno scambio sulle seguenti focalizzazioni:

  • “AUTORITÀ CHE COSTRUISCONO DIALOGHI”
    La pandemia, e ora la guerra, ha prodotto un mutamento significativo dello scenario nel quale ci troviamo a lavorare. Ciò ha sollecitato nelle persone una riformulazione del senso del lavoro, modificando la gerarchia e l’ordine dei valori nelle proprie scelte professionali e personali. Sono posizionamenti legati all’età e al ceto sociale, ai territori, ma non solo…
    In questo contesto quale valore e senso ha il lavoro per i soggetti nella vita personale e professionale? Come le organizzazioni stanno contribuendo a costruire il senso del lavoro? Come dirigenti, responsabili e coordinatori possono favorire le ricomposizioni e far coesistere i diversi sensi e significati del lavoro per consentire una partecipazione soddisfacente nei processi produttivi?
  • “LE QUESTIONI IN GIOCO NEI PROCESSI DECISIONALI: TRA VINCOLI E POSSIBILITÀ”
    In questo momento storico si è resa più impellente la necessità di prendere decisioni in tempi brevi e accelerati e ha fatto toccare con mano le ricadute nel contesto organizzativo. Non sempre le decisioni sono state comprese, alcuni le hanno vissute come limitazione della libertà, altri invece hanno chiesto più rigore. Tutto ciò ha alimentato ed esasperato conflittualità latenti e agite. Si è entrati in contatto con il rapporto che le persone hanno con le regole e le dimensioni istituzionali e normative. Ma soprattutto ci si è confrontati con le diverse modalità delle organizzazioni di “istituire” regole e norme per il funzionamento produttivo. Ci sembra che oggi la questione cruciale sia: come le organizzazioni riescono a distaccarsi dalle culture in cui è centrale la prescrizione delle norme e assumere una funzione di dialogo tra i soggetti e le dimensioni istituzionali? Come facilitano ascolti e favoriscono comprensioni delle ragioni degli uni e degli altri?
  • “DALLE CENERI ALLA LUNA: DOVE TROVIAMO OGGI IL PENSIERO DIVERGENTE NELLE ORGANIZZAZIONI?”
    Il tetto si è bruciato: ora posso vedere la luna*. Sono trascorsi più di due anni dall’inizio di una pandemia che ha provocato un cambiamento traumatico: niente sarà più come prima, ciò che è accaduto costituisce uno spartiacque temporale che modifica irrigidendo la percezione del futuro. Nel corso dell’emergenza si è pensato dapprima a spegnere l’incendio e a puntellare il tetto, poi a ricostruirlo nella speranza di ripristinare lo status quo ante. Singoli e organizzazioni si sono trovati a rileggere problemi e trovare nuove strade con il rischio di farlo in una logica prevalentemente difensiva, moltiplicando vincoli, procedure e controlli. Ma poiché la vista della luna, una volta che la si sia percepita, costituisce un’eventualità desiderabile, ci chiediamo quali condizioni favoriscano l’evoluzione delle organizzazioni, dando spazio sia all’elaborazione di ciò che si è perduto, sia all’utilizzo di un pensiero divergente, costruttivo, a suo agio nelle condizioni di cambiamento e di incertezza. Ma soprattutto: come favorire l’integrazione e il dialogo tra linguaggi convergenti e divergenti nelle organizzazioni, tra bisogni di stabilità e spinte creative?

         *Haiku giapponese

La plenaria si svolgerà a Milano, presso Triennale Milano, in Viale Emilio Alemagna n. 6 (MM1 e MM2 – fermata Cadorna).
I workshop si terranno sempre a Milano, presso Triennale Milano e presso il Residence San Vittore 49, in Via San Vittore n. 49 (MM1 – fermata Conciliazione e MM2 – fermata Sant’Ambrogio).

Un percorso di ricerca

Al termine della mattinata verrà presentata un’attività di ricerca-azione attorno alle questioni trattate durante l’incontro. Attraverso questa proposta si intende proseguire con tutti coloro che sono interessati un percorso di riflessioni e approfondimenti.


21 giugno 2022
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Ore 8.30 – 9.30
Registrazione dei partecipanti

Ore 9.30 – 13.00
TRASFORMAZIONI DEL SENSO DEL LAVORO INTERROGANO LE PERSONE E LE ORGANIZZAZIONI

Francesco d’Angella – Studio APS

IL LAVORO NON È PIÙ QUELLO DI UN TEMPO

Ugo Morelli – Psicologo, Professore di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni presso l’Università degli Studi di Bergamo

ORGANIZZARE LA DISSONANZA. IL SENSO DEL LAVORO PER I GIOVANI INNOVATORI

Filippo Barbera – Sociologo, Professore Ordinario di Sociologia Economica presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università degli Studi di Torino

PER PROSEGUIRE LA RICERCA…

Diletta Cicoletti –  Studio APS


Ore 13.00 – 14.30
Intervallo

Ore 14.30 – 17.30
WORKSHOP

Nel pomeriggio si riprenderanno le relazioni della mattina attraverso il focus del workshop. Ci sarà la possibilità di aprire un confronto tra i partecipanti a partire dalle diverse esperienze in relazione alle ipotesi proposte.