Il tema del futuro non è certo nuovo. Nell’interpretare attraverso segni premonitori i possibili accadimenti, nel leggere attraverso le stelle il proprio destino, nello svilupparsi di analisi dettagliate degli scenari l’uomo si è da sempre confrontato con l’attrazione e l’ansia dell’ignoto.

Perché allora queste Giornate di Studio?
Pensiamo sia importante riprendere questa tematica per alcune ragioni che riteniamo oggi critiche per le organizzazioni lavorative.

  • Ci sembra diffusa una tendenza a considerare il futuro come evento, tappa, punto d’arrivo più che come processo da prefigurare, gestire, accompagnare. La dimensione temporale appare schiacciata sul presente con una scarsa prefigurazione di passaggi, esiti, impatti. “Sappiamo che qualcosa accadrà, ma non sappiamo bene cosa”. Ci si muove in un eterno presente, in un “qui ed ora” che rischia di ridurre il contenuto comunicativo e lo scambio tra le persone entro spazi angusti (non possiamo dire nulla al di fuori di ciò vediamo, sappiamo oggi) e di produrre azioni organizzative poco strategiche (non possiamo assumere responsabilità, rischi su ciò che non conosciamo). È come se il futuro diventasse un domani dai contorni molto vaghi e dunque poco rappresentabili, quasi che l’ansia per un futuro che non possiamo padroneggiare e col quale comunque dobbiamo avere a che fare, ci impedisse di pensarlo e ci si difendesse non entrando in contatto emotivamente col domani.
  • Le rappresentazioni del futuro che si utilizzano si basano spesso su analisi del contesto molto generali che hanno per le persone uno scarso collegamento con l’operatività. Per sostenere la necessità d’innovazioni e cambiamenti ci si riferisce a letture che risultano spesso lontane e astratte. Alcuni dati sull’andamento dei mercati italiani ed esteri, sui flussi delle domande, sulla valutazione delle risorse, se non rielaborati e collegati a caratteristiche e specificità dei diversi contesti organizzativi non rappresentano di per sé orientamenti utili ed efficaci per l’individuazione di obiettivi e priorità. Il rischio presente è che le decisioni assunte arrivino alle persone come vincoli indiscutibili e cogenti riducendo capacità progettuali e alimentando rivendicazioni e ritiri.
  • Il pensiero sul futuro sviluppa nelle persone attese, desideri, timori, preoccupazioni su cui si danno le interpretazioni più svariate.
    Alcune rappresentazioni che danno all’incertezza una valenza attraente ed eccitante enfatizzano le dimensioni dell’opportunità e della sfida (se vuoi puoi) chiedendo alle persone di sviluppare flessibilità, mobilità, velocità, adattamento alla temporaneità e precarietà. In questa visione il rischio presente è di favorire una visione maniacale della realtà che sottovaluta gli aspetti della difficoltà, del limite, della paura.
    Altre rappresentazioni nel rinforzare una visione molto autocentrata della realtà sembrano spingere le persone verso aggiustamenti e soluzioni personali a fronte di problemi organizzativi. La riduzione del problema delle scelte al “si salvi chi può” crea frammentazioni, competizioni, opportunismi che alimentano derive distruttive del legame sociale all’interno delle organizzazioni e favoriscono a volte inconsapevolmente il diffondersi di modalità poco costruttive d’esercizio del potere.
    Altre rappresentazioni infine che poggiano su una fiducia incondizionata nella potenzialità risolutiva dei saperi e delle tecniche (c’è una risposta a tutto basta cercarla) alimentano un senso di dominio della realtà che porta a pensare al futuro come qualcosa da pianificare più che da costruire e comprendere. È come se alle persone fosse richiesta un’adesione passiva ad un disegno che altri, più esperti o autorevoli, hanno predisposto. Il rischio presente è che, nella razionalizzazione totale, vengano negati timori o desideri, incertezze e dubbi, ambivalenze e conflitti.

Si tratta di un tema importante per la nostra vita individuale e per la vita organizzativa e sociale: un tema “denso” che ci mette in contatto col senso di ciò che facciamo, come lo facciamo e come stiamo in relazione fra noi. Forse soprattutto c’interroga rispetto alla possibilità che soggetti sociali – singoli e organizzazioni – non siano risucchiati entro alcune rappresentazioni semplificanti con il rischio che il pensiero più progettuale venga sospeso e delegato e che ci si muova come attori chiamati a attualizzare copioni prescritti. Se per sorte viviamo in certe condizioni di contesto, non è detto che questo debba essere il destino delle nostre organizzazioni e nostro. È possibile ri-scoprirsi attivi nel pensare e configurare il futuro? Se il futuro non è dato diventa interessante capire come costruirlo o co-costruirlo, essendone in parte autori.
Un futuro che è nostro ma non solo: la riappropriazione passa anche dal rintracciare, riconoscere ridefinire i legami con gli altri, le reciprocità, le interdipendenze.

Per chi con ruoli diversi lavora e interviene all’interno delle organizzazioni è utile e interessante comprendere come favorire lo sviluppo e il mantenimento di un pensiero creativo, di un immaginario organizzativo e sociale più ricco e diversificato. Allargare l’orizzonte del possibile consente, infatti, di mantenere una finestra viva e generativa sul presente evitando derive talvolta distruttive per i singoli e per le organizzazioni.

Nelle esperienze del passato, nelle modalità con cui già oggi s’intraprendono percorsi evolutivi, ricerche di cambiamenti collegati a problemi da affrontare, predisposizioni di nuovi contenuti di lavoro e di nuovi assetti non abbiamo già segnali e indizi da riconoscere e valorizzare?

Pensiamo a queste Giornate di Studio come ad uno spazio privilegiato di ricerca e scambio conoscitivo per costruire rappresentazioni che aiutino a pensare ad un futuro non solo desiderabile ma possibile.

Nel preparare queste giornate, abbiamo utilizzato diverse fonti di conoscenza: oltre alla rielaborazione della nostra esperienza di consulenza e formazione abbiamo raccolto pareri, testimonianze, esperienze attraverso interviste ai colleghi e focus group con alcuni clienti.

Per mettere fuoco alcuni aspetti di una tematica così ampia ci siamo mossi a partire da alcuni interrogativi:

Quanto e quando le organizzazioni pensano al futuro?
All’interno delle organizzazioni ci si attende che qualcuno più di altri debba parlare del futuro, fare previsioni, dare orientamenti?
Ci sono nelle organizzazioni visioni del futuro più sponsorizzate, promosse, auspicate rispetto ad altre?
Come il contesto influenza il nostro modo di rappresentarci il futuro?
Nel passato come si pensava al futuro?
Quanto la rappresentazione del passato influenza la visione del futuro?
Quando si pensa al futuro a che livello lo si pensa: individuale, organizzativo, sociale?
Quali sono le condizioni che servono per pensare al futuro?

Abbiamo visto nei focus group come siano compresenti diverse rappresentazioni del futuro: c’è chi lo teme, chi lo attende, chi lo organizza, chi lo desidera…
Le immagini utilizzate, i vocaboli, rinviano ad una molteplicità di significati non univoci e spesso evocativi.
Il campo è aperto e forse alcune parole come desiderio, riconoscimento e riappropriazione possono costituire appigli per orientarci nella nostra comune ricerca.
L’obiettivo e l’auspicio delle Giornate di Studio è che guardando al futuro sotto una luce diversa si possa acquistarne più consapevolezza così da averne un po’ meno paura e poterne assumere i possibili rischi.


19 ottobre 2006
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9.30 – 13.00 Introduzione a cura di Achille Orsenigo.
Indicazioni e suggestioni emerse da una prima ricognizione:

  • IMMAGINARI E QUOTIDIANITÀ NEL RAPPORTO CON IL TEMPO
    A cura di Francesco d’Angella.
  • RAPPRESENTAZIONI DEL FUTURO DELLE E NELLE ORGANIZZAZIONI
    A cura di Grazia Gacci.
IL FUTURO NEL PASSATO: RILETTURA DI UN’AVVINCENTE AVVENTURA ORGANIZZATIVA

A cura di Franca Olivetti Manoukian.

14.30 – 17.30 Gruppi tematici di discussione

Principali interrogativi/questioni attorno a cui si svilupperà il confronto all’interno dei gruppi:

  • Futuro individuale e futuro organizzativo. Nel pensare al futuro quale ambito si tende a privilegiare: individuale, organizzativo, sociale…
  • Le organizzazioni come luoghi di costruzione del futuro: quanto e quando le organizzazioni lo pensano… Come il contesto influenza atteggiamenti e rappresentazioni…
  • Continuità e discontinuità nei rapporti tra passato e futuro: investimenti, progetti, elaborazioni di dati, verifiche di realtà…
  • Ruolo dell’autorità e costruzione del futuro: nelle organizzazioni alcune visioni del futuro risultano più sponsorizzate, promosse, auspicate rispetto ad altre?

La discussione sarà introdotta in ciascun gruppo da considerazioni/riflessioni proposte da un “testimone privilegiato”. Parteciperanno persone provenienti da organizzazioni diverse del settore pubblico, privato e privato sociale.

 


20 ottobre 2006
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9.30 – 13.30 Tavola rotonda
ASPETTATIVE, INTERROGATIVI, SPERANZE DI CHI OPERA ALL’INTERNO DELLE ORGANIZZAZIONI————————-
Partecipano: Michele Alessi, Maria Pia Chianale, Elio De Capitani, Elena Lattuada, Giorgio Sordelli.
Conduzione a cura di Achille Orsenigo.
Dibattito aperto in plenaria.
17.00 Conclusioni a cura di Achille Orsenigo.

 


Relatori
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Michele Alessi Alessi Spa
Maria Pia Chianale ASL 1 Torino
Elio De Capitani Teatro dell’Elfo – Milano
Elena Lattuada CGIL Fiom Brianza
Giorgio Sordelli Coordinatore Nazionale Centri Servizi per il Volontariato