Nello scorso mese di giugno abbiamo inviato un documento di presentazione delle Giornate di Studio 2001 in cui era esposta una nostra prima sintesi d’interrogativi, considerazioni ed ipotesi. Il tema della flessibilità e delle implicazioni che questo insieme disomogeneo di fenomeni ha per le persone, le organizzazioni e la società, nelle ultime settimane s’è imposto con ulteriore consistenza all’attenzione collettiva.

Sembra che in esso ed attorno ad esso si condensino questioni cruciali di portata assai ampia, cariche di complesse valenze sociali e politiche.

Questa constatazione e la riconsiderazione di diverse sollecitazioni emerse dal lavoro di ricognizione svolto in precedenza dallo staff, ci hanno indotto a dare a queste iniziative un’impostazione nuova, che sembra più originale e rispondente ai contenuti da affrontare.
I contorni indefiniti dell’oggetto “flessibilità” cui facevamo riferimento nel primo documento di presentazione di queste Giornate di Studio, ci hanno portati ad esplorarlo non solo facendo riferimento alle riflessioni di alcuni autori ed a ciò che abbiamo constatato attraverso la nostra esperienza professionale, ma anche realizzando interviste a persone e gruppi che in contesti diversi stanno vivendo le profonde trasformazioni che attraversano il lavoro oggi.
Queste interviste ci hanno permesso di cogliere come le persone e le organizzazioni si rapportino ai processi lavorativi e sociali attraversati dalla flessibilità e come si costruiscano propri modi di “stare” ed “essere” in queste condizioni. Le persone si trovano, in queste condizioni di turbolenza, spesso ad interrogarsi sul senso del proprio lavoro, sulle connessioni tra le diverse parti che compongono la propria esistenza, sulle possibilità di creare vicinanze, condivisioni, legami coi propri colleghi, sulle incertezze dell’avvenire, su ciò che è possibile e ciò che è necessario.
Questi contesti sono diventati “luoghi” di racconto, dialogo e riflessione, che hanno consentito di raccogliere e valorizzare saperi che orientano i diversi soggetti nei percorsi lavorativi contemporanei. Saperi che non si manifestano a tutto tondo perché sono spesso inscritti nelle prassi lavorative, incorporati nelle tecnologie, nei discorsi, nelle azioni e richiedono un attento lavoro d’analisi ed esplicitazione
Dal confronto degli elementi raccolti durante le interviste con operai, giovani, dirigenti di Aziende profit, gestori di imprese high tech, rappresentanti del mondo sindacale sono emersi sguardi, interpretazioni, concettualizzazioni, riflessioni, interessanti e diverse. Ciò ha alimentato dibattiti molto accesi e sfidanti.
Da questi elementi nasce l’idea di costruire le Giornate di Studio come occasione, come “luogo inusuale”, in cui avviare un percorso di ricerca in cui i partecipanti stessi siano attori e protagonisti, ricerca in gruppi che da prospettive ed esperienze lavorative differenti analizzino i problemi connessi alla flessibilità ed alla costruzione dell’identità. Ciò nell’ipotesi di proseguire la ricerca durante il 2002, allargandola anche a livello internazionale. Le riflessioni e le conoscenze saranno proposte nelle Giornate di Studio del prossimo anno.

L’obiettivo di queste giornate è duplice:

  • mettere a fuoco degli sguardi, delle ipotesi di lettura capaci di andare oltre le riflessioni e i pensieri circolanti in questi anni sulle possibilità e i rischi connessi alla costruzione dell’identità nei processi sociali, economici e organizzativi attraversati dalla flessibilità;
  • costruire le condizioni metodologiche e concettuali per avviare una ricerca che valorizzi i “saperi” e le competenze attivate nei propri contesti lavorativi.

Questo percorso di ricerca proseguirà nel 2002. Riflessioni, e conoscenze sviluppate saranno proposte nelle Giornate di Studio del prossimo anno.


La struttura del lavoro all’interno delle Giornate di Studio


1. I punti di partenza

Il percorso di ricerca nelle Giornate di Studio sarà avviato da due relazioni

  • la prima cercherà di mettere a fuoco alcune ipotesi interpretative sui fenomeni in gioco nei processi organizzativi segnati dalla flessibilità e su come questi incidano nella costruzione delle identità (le ipotesi proposte sono il frutto delle ricognizioni realizzate in diversi contesti organizzativi);
  • la seconda svilupperà alcune riflessioni sulle specificità di metodo che lo sforzo di costruire una conoscenza su questi nuovi fenomeni richiede; conoscenza che sta alla base delle possibilità di rappresentarseli e quindi gestirli.


2. Una tavola rotonda tra portatori di diversi vertici di osservazione del rapporto flessibilità-identità

Per facilitare la messa in discussione e l’arricchimento delle ipotesi enunciate nelle prime comunicazioni si è pensato ad un gruppo di invitati in grado di mettere a confronto vertici d’osservazione, riflessioni ed esperienze eterogenee. Abbiamo quindi organizzato una tavola rotonda in cui saranno posti a confronto punti di vista e letture che discendono da posizioni, professioni e contesti lavorativi differenti. È sembrata questa una modalità stimolante per sostenere uno sforzo di ricerca ed analisi sui fenomeni organizzativi costantemente sperimentati. La tavola rotonda costituirà un elemento di collegamento con gli approfondimenti nei gruppi del pomeriggio.


3. Gruppi di approfondimento su problemi

In questa seconda parte delle Giornate di Studio verranno dunque avviati quattro gruppi di approfondimento che saranno chiamati a esplorare alcuni dei temi presentati nella comunicazione iniziale e arricchiti dai contributi della tavola rotonda. I gruppi avvieranno il lavoro di ricerca attraverso il contributo di alcuni invitati che proporranno le riflessioni prodotte nella propria organizzazione. Questi invitati saranno parte attiva della ricerca e alimenteranno quindi le conoscenze sui fenomeni analizzati. Parteciperanno ai gruppi anche i protagonisti della tavola rotonda della mattina.

Per gli approfondimenti abbiamo individuato quattro problemi:

a) Il lavoro non visto: legami e processi d’integrazione di fronte alla richiesta di flessibilità

La flessibilità che è connessa ai cambiamenti di direzione, proprietà, a fusioni e scorpori, a esternalizzazioni, a esigenze di aumento di produttività, di taglio dei costi, induce interruzioni e frammentazione nei legami che i singoli hanno con le organizzazioni (capi, colleghi, gruppi, …). Continua al tempo stesso, per la realizzazione della produzione, la necessità di mantenere legami e identificazioni.
Di che genere? Come si garantiscono le necessarie ricomposizioni? Prevale il codice prescrittivo-persecutorio o quello seduttivo-carismatico?

Nel proliferare di nuovi ruoli all’interno delle organizzazioni e di nuove figure professionali (definite ormai più tramite le forme giuridiche e contrattuali – partite I.V.A., ritenute d’acconto, lavoratori in affitto – che attraverso il contenuto delle prestazioni svolte) sembra che ai singoli non sia chiesta solo una generica capacità di iniziativa, ma anche uno specifico impegno per costruire e ricostruire continuamente le condizioni organizzative, motivazionali e relazionali affinché il compito di lavoro possa svolgersi.

Sembra che proprio nel momento in cui la società si frammenta sia chiesto agli individui di ricostruire socialità.

Tutto ciò pare tradursi in una crescita dell’onerosità emotiva del lavoro, e in un tempo di lavoro non visto (e di conseguenza non retribuito).
A questo si aggiunge il fatto che nella società si sono rotti o allentati i reticoli relazionali tradizionali (a partire dai contesti di lavoro) in cui era possibile rielaborare le criticità connesse al lavoro.

Come vivono le persone (nei diversi livelli della scala gerarchica organizzativa) quest’aumento dell’onerosità del lavoro?

  • “Il lavoro oggi è questo: prendere o lasciare”.
  • “Il lavoro flessibile è esigente, ma mi consente di rendermi più conto di che cosa faccio e del perché lo faccio”.
  • “È un’ingiustizia perché tutto questo lavoro non viene né retribuito, né apprezzato”.

È possibile tematizzare, visibilizzare questo lavoro così poco visto, ma così cruciale? E come?

Se le organizzazioni da luoghi protettivi o comunque strutturanti, divengono luoghi minacciosi, il gruppo (relazioni tra colleghi più o meno coatte) costituisce una risorsa? E se sì lo è solo come luogo di fusionalità affettiva o anche come opportunità per scambi rielaborativi?

b) Identità: dalla capacità di conservare a quella di riprogettare

L’identità lavorativa di persone e organizzazioni sembrano diventate instabili, esposte a repentini cambiamenti. Riorganizzazioni, acquisizioni, operazioni di outsourcing, spingono o costringono ad essere altro da ciò che si era. Da dipendente a free lance, da professionista a manager, da occupato a disoccupato.

L’individuo è chiamato a mentalizzare un’esperienza frammentata, dove anche il tempo sembra essere spezzato: passato, presente e futuro sembrano a volte ignorarsi, ma al contempo sono chiesti all’individuo grandi investimenti su progetti sulla cui durata è difficile scommettere.

Le identità lavorative ed organizzative possono essere pensate come capacità d’immagazzinare e conservare conoscenze, storia, cultura. Ciò rimanda ad idee di stabilità, ma anche d’immobilità: un mantenersi identici a se stessi.
Ora sembra più congruente con le condizioni ambientali e le osservazioni scientifiche l’idea di un’identità intesa come capacità dinamica di collegare e ricollegare elementi anche divergenti, di porli in dialogo, di ripensare e riscrivere la storia e la memoria. Visione molto più dinamica e aperta, ma anche minacciosa, che richiama al ricomporre elementi anche contraddittori.

L’instabilità, lo sradicamento lavorativo (cambiare gruppo, mestiere, sede), il veder messa in discussione radicalmente la propria identità lavorativa quali movimenti individuali e sociali alimenta?
Come reagiscono gruppi ed individui alle paure che la flessibilità suscita?

È possibile pensare che sia un problema solo individuale? Quali aspetti dimensioni, componenti del lavoro sono costruttivi per le identità dei singoli in questa prospettiva?

Le organizzazioni sembrano spingere sulla flessibilità in nome dei risultati, ma le persone hanno bisogno di sistemi di riconoscimento, di relazioni in cui rispecchiarsi. In che organizzazione, in che gruppo ci si può rispecchiare e riconoscere? Con chi identificarsi per riprogettare un’identità lavorativa?

Ma le organizzazioni sono ancora contenitori, sistemi difensivi contro le ansie di individui e gruppi, circa la propria identità?

c) Fantasie, immagini, metafore e miti sulla flessibilità

“Essere un uomo flessibile, essere dotati di un pensiero continuamente creativo e innovativo, vivere il presente; se esco da quest’Azienda, mi sento un uomo finito; in queste continue trasformazioni non so chi sono, cosa devo fare e con chi devo lavorare; se oggi sono stati mandati a casa questi dirigenti sicuramente domani toccherà a me, chissà quando succederà!”. Sono alcune delle espressioni, immagini ricorrenti nei racconti per descrivere e connotare i processi organizzativi attraversati dalla flessibilità. Le immagini, le fantasie, le metafore e i miti circolanti nei contesti lavorativi sul fenomeno della flessibilità generano forme di “culture locali” che alimentano e costruiscono, spesso inconsapevolmente, i nostri progetti, il nostro essere parte di una storia o il sentirsi estranei, la nostra identità professionale e personale.

Nell’immaginarsi una propria identità e un proprio percorso professionale, i miti rivestono una funzione orientativa ed un’organizzativa. Presentificano degli ideali ed organizzano desideri, fantasie, ansie. Come non ricordare il mito della tecnocrazia secondo la quale l’avvento delle nuove tecnologie consentirebbe una maggiore autonomia e libertà di gestire il proprio tempo e di scegliere i lavori più interessanti; oppure il mito della “vecchia fabbrica” come luogo della solidarietà, della sicurezza, della stabilità, dei percorsi chiari e definiti; oppure il mito dell’uomo capace di farsi da solo, di saper tenere la rotta di fronte alle intemperie e d’essere auto-imprenditore…

L’insieme delle immagini, delle fantasie, delle metafore e dei miti circolanti nei contesti lavorativi sul fenomeno della flessibilità generano forme di “culture locali” che alimentano e costruiscono, spesso inconsapevolmente, i nostri progetti, il nostro essere parte di una storia o il sentirsi estranei, la nostra identità professionale e personale. Spesso queste “culture locali” plasmano “pensieri” sui fenomeni organizzativi attraversati o da visioni apocalittiche, in cui non si ha alcuna via d’uscita e si è in balia degli eventi e delle decisioni prese da altri, oppure da visioni idealizzanti in cui si esaltano le nuove configurazioni organizzative, la mobilità, il poter passare da un’azienda ad un’altra, il poter essere l’inventore e il costruttore del proprio destino e della propria carriera professionale. Queste “visioni”, però, c’impediscono in una certa misura, abbagliandoci, di poter “guardare” ai fenomeni socio-organizzativi con delle lenti capaci di cogliere le fatiche, le emozioni le risorse, i saperi, le conoscenze, le competenze, che i diversi attori organizzativi hanno costruito e attivato nella quotidianità dei processi lavorativi per non sentirsi schiacciati, impotenti e isolati.

Diventa cruciale, quindi, oggi, interrogarsi su:

  • Quali fantasie e miti attraversano la vita ed i racconti nelle organizzazioni
    attraversate dalla flessibilità?
  • Come “visibilizzare” queste “culture locali” per riconoscere come le persone
    e le organizzazioni elaborano le diverse rappresentazioni sulle opportunità
    ed i rischi connessi alla costruzione della propria identità nei processi sociali,
    economici e organizzativi flessibili?
  • Come poter andar oltre le visoni stereotipate, estreme e ingenue, per
    riconoscere come sono affrontati nella quotidianità i problemi connessi alla
    flessibilità?

d) Tutela organizzativa ed individuale dai rischi

La flessibilità offre opportunità stimolanti di misurarsi con situazioni lavorative nuove ed impreviste. Consente di progettare e realizzare percorsi atipici e di sviluppare nuove competenze; espone altresì a nuovi rischi e pone problemi inediti sotto il profilo della tutela e della rappresentanza dei diversi interessi in gioco. Se è vero che si aprono opportunità, è anche vero che le possibilità d’accesso delle persone alle risorse non sono ripartite in egual misura.
Ciò che per alcuni rappresenta possibilità d’affermazione o di successo (maggior libertà e autonomia nel progettare i propri percorsi lavorativi, tempi più elastici, nuove opportunità di carriera, …) rappresenta per altri forme nuove e più sofisticate di sfruttamento (tendenza alla mercificazione di alcuni lavoratori, lavoro sommerso, scorretto utilizzo del lavoro interinale, precariato, …). Il problema è come introdurre criteri di regolazione del rapporto lavorativo senza che la maggior libertà, che la flessibilità consente alle diverse parti, si trasformi in una scarico di rischi sui singoli che si trovano ad affrontare le scelte lavorative contando esclusivamente sulle proprie risorse.

Si tratta però di affrontare tale tema confrontandosi con questioni inedite. Gli interessi in gioco non possono essere trattati con le tradizionali categorie di analisi sino ad oggi utilizzate. Se il lavoro si trasforma nelle sue forme – rifondando i legami tra le persone, le modalità di accesso, le relazioni tra le controparti – si trasforma di conseguenza il modo di pensare alla tutela dei diritti. Occorre ripensare a come rappresentare interessi non consueti e a come rinominare le priorità: il “posto fisso”, le forme di contrattazione individuali e collettive, la rappresentanza di lavoratori “anomali”, che non sono riducibili alle classiche fasce deboli…

Ci si confronta con nuove categorie di lavoratori, forti sul piano delle competenze tecniche, ma deboli sul piano dei diritti e delle regole?

Il diffondersi di negoziazioni individuali libera dai vincoli omogeneizzanti sindacali, ma è anche segno di una tendenza alla frammentazione degli interessi. Quali scenari e significati apre?
Quali forme di tutela sono individuabili?
Quali soggetti possono tutelare?

Si tratta sia all’interno delle organizzazioni lavorative che nel contesto sociale più ampio di individuare in modo più creativo nuove forme di tutela. Quali regolazioni possono essere introdotte per meglio tutelare le istanze inedite che si presentano?
Quale funzione nuova possono assumere in tale contesto le organizzazioni sindacali o il mondo giuridico? Come passare da una funzione sostitutiva ad una funzione più integrativa di interessi molteplici non tradizionalmente rappresentati?

Come anche a livello sociale è possibile temperare il rischio connesso alla disparità di risorse tra le persone nel rapporto con il mercato del lavoro?

L’iscrizione a ciascun gruppo dovrà essere comunicata alla Segreteria dello Studio APS, indicando una seconda opzione. Nei gruppi sarà presente come conduttore uno dei membri dello staff. Questi avrà il compito di introdurre i lavori e facilitarne lo sviluppo.
Agli iscritti sarà inviata, nei giorni precedenti l’incontro, una breve scheda che guiderà la raccolta di riflessioni sull’oggetto di lavoro del gruppo. Permettendo quindi ai partecipanti che lo desiderano, di mettere a fuoco in anticipo aspetti a loro avviso rilevanti che potranno poi proporre all’interno dei gruppi di approfondimento.
Confidiamo che questo insieme di accorgimenti consenta di allestire una situazione di ricerca cooperativa in cui tutti o partecipanti, a partire dalla diversa intensità e dalle differenti modalità con cui sono stati coinvolti, possano assumere un ruolo attivo di costruzione conoscitiva.


4. Prove di ricomposizione progressiva

Il giorno successivo è prevista una seconda tavola rotonda composta dai conduttori di ciascun gruppo e dai relatori della prima giornata. Questo momento ha l’obiettivo di rilanciare i problemi cruciali emersi, ad un livello di maggior approfondimento, alla luce delle analisi prodotte nei gruppi.

A questo punto ci troveremo con una serie di elementi che una relazione specifica cercherà di organizzare ed arricchire in una mappa di riflessioni, questioni ed ipotesi. Questi elementi diventeranno il materiale della ricerca del 2002.


5. Apertura sulla prosecuzione (auspicata) della ricerca

La conclusione delle Giornate di Studio s’impernierà sulla prefigurazione e puntualizzazione del percorso di ricerca con i primi accordi di lavoro.


Staff responsabile

Francesco d’Angella, Grazia Gacci, Gino Mazzoli e Achille Orsenigo.


24 ottobre 2001
+

9.30 UNA PRIMA LETTURA DEI PROCESSI DI RICERCA DELL’IDENTITÀ NEI CONTESTI LAVORATIVI ATTRAVERSATI DELLA FLESSIBILITÀ

A cura di Achille Orsenigo.

LE POSSIBILITÀ DI RI-PENSARE I FENOMENI SOCIALI ATTRAVERSO UN PROCESSO DI RICERCA

A cura di Gino Mazzoli.

11.00 Intervallo
11.30 Tavola rotonda
SGUARDI DIVERSI SULLA FLESSIBILITÀ E L’IDENTITÀ
Coordinatrice: Grazia Gacci.
Relatori: Dunia Astrologo, Adriano Benzoni, Tiziana Frusca, Agop Manoukian, Franco Scarpelli e Boris Zobel.
13.30 Intervallo
15.00 Gruppi di approfondimento.
18.00 Termine dei lavori.
19.00 Cena presso lo Studio APS.

 


25 ottobre 2001
+

9.30 Tavola rotonda e dibattito
PROVE DI RICOMPOSIZIONE PROGRESSIVA
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A cura di Francesco d’Angella.
11.30 Intervallo
12.00 COSTRUZIONE DI UNA MAPPA DI CRITICITÀ E DI UNA PRIMA IPOTESI DI RICERCA

A cura di Franca Olivetti Manoukian.

13.00 ASPETTI METODOLOGICI E OPERATIVI DELLA RICERCA CHE PROSEGUE

Conclusioni a cura di Francesco d’Angella.

13.30 Termine delle Giornate di Studio.

 


Relatori
+

Dunia Astrologo Responsabile delle comunicazioni – Isvor Fiat
Adriano Benzoni Direttore dell’Istituto Geriatrico P. Redaelli
Tiziana Frusca Dirigente – Spedali Civili di Brescia
Agop Manoukian Imprenditore d’azienda di medie dimensioni – Lechler
Franco Scarpelli Professore di Diritto del lavoro – Università degli Studi Milano Bicocca
Boris Zobel Direttore del Laboratorio per una Società Sostenibile – Consorzio Pracatinat