Le Giornate di Studio 2001 su “LE FLESSIBILITÀ LAVORATIVE: OPPORTUNITÀ E RISCHI NELLA RICERCA D’IDENTITÀ” si sono concluse con la proposta di continuare ad esplorare e ricercare, sulle questioni che erano state sollevate e discusse.

Non erano state definite inizialmente strutture né modalità di lavoro, perché era necessario verificare l’interesse manifestato, su quali aree si sarebbe concentrato, quante persone avrebbe coinvolto.

Col passare dei mesi sono arrivate segnalazioni, indicazioni, richieste, proposte. Anche un gruppo dello Studio APS, costituito dallo staff iniziale e da altri colleghi, ha riconsiderato l’esperienza e i materiali prodotti nelle Giornate.

Siamo arrivati ad avviare un lavoro di ricerca che ci sembra congruente con gli interessi espressi, ma anche con le competenze e risorse di cui disponiamo e con i vincoli di tempo e di finanziamenti entro cui operiamo.

Nel documento che alleghiamo presentiamo un quadro sintetico dello stato attuale del lavoro di ricerca, e in particolare:

  1. Le ipotesi di riferimento attorno alle quali è stata proposta la ricerca
  2. I gruppi di lavoro che si sono costituiti
  3. Alcune prime elaborazioni trasversali rispetto al lavoro dei gruppi

Le Giornate di Studio 2002 che si svolgeranno, come previsto, nei giorni 24 e 25 ottobre saranno dedicate ad una rielaborazione comparata di quanto emerso nei vari gruppi, anche in vista di coordinare e arricchire il percorso complessivo.
Proponiamo pertanto anche un programma di massima delle Giornate.


1. Le ipotesi di riferimento

L’ipotesi di partenza – presentata e discussa nelle Giornate di Studio – considera il termine “flessibilità” e i vari significati che ad esso si attribuiscono, come simbolo sintetico e paradigmatico di un insieme di cambiamenti presenti o attesi nelle organizzazioni di lavoro. Se da più parti è ricorrente la domanda di un accrescimento di flessibilità lavorativa sono anche, contemporaneamente, sempre più avvertiti i rischi che ad essa si accompagnano sia per le singole persone che per le organizzazioni sociali minacciate nella loro stessa integrazione.

Un possibile percorso di ricerca che sfugga a una visione dicotomica di queste due polarità richiede di condurre e sostenere un’analisi che esplori i molti e complessi aspetti della trasformazione in corso e che tenti quindi di trovare nessi, connessioni e contraddizioni tra i fenomeni in atto e tra questi e le loro rappresentazioni.

Sulla base del lavoro avviato nelle Giornate di Studio si sono individuate quattro aree di ipotesi che qui di seguito indichiamo segnalando per ciascuna di esse delle prime specificazioni che potrebbero essere ulteriormente approfondite e verificate.

a) Area istituzionale

L’attuale mercato del lavoro funziona secondo un assetto di regole codificate che garantiscono diritti, doveri e procedure di gestione dei conflitti individuali e collettivi. I nuovi assetti del mercato, e le trasformazioni intrinseche nel contenuto di molti lavori, creano situazioni in cui le tutele esistenti non hanno più efficacia né pertinenza. Si vengono così configurando da un lato intere aree del mondo del lavoro che sfuggono a qualsiasi tutela e funzionano in modo anomico e dall’altro zone ipergarantite in cui la difesa dei diritti diviene un problema di mero principio.
Si possono forse percorrere nuove piste per riformulare la lettura della situazione: riconsiderare in modo più ravvicinato (e al riparo delle categorizzazioni attuali) il contenuto delle diverse attività lavorative (cfr. anche il dibattito in corso attorno al come definire uno Statuto dei lavori), provare a uscire dall’idea che governo e tutela dei diritti avvengono solo attraverso la standardizzazione, provare a immaginare forme di garanzia e sviluppo che escano da una visione meramente economica…

b) Area dell’organizzazione

Le trasformazioni e le ristrutturazioni sempre più frequenti e necessarie per la sopravvivenza stessa di molte organizzazioni industriali e di molte organizzazioni di servizi da un lato esasperano le richieste di partecipazione attiva e di condivisione degli obiettivi da parte di tutti i livelli organizzativi e dall’altro impongono asservimenti, limitazioni e interruzioni nei legami e nei processi di identificazione che i singoli hanno con i propri capi, i colleghi, e i gruppi presenti nell’organizzazione. Il perseguimento di obiettivi e risultati è sostenuto e garantito dalle convergenze tra progetti individuali e esigenze/richieste dell’organizzazione.
La posizione dell’organizzazione – costretta a tenere conto delle dinamiche macro e allo stesso tempo chiamata a negoziare con individui e gruppi al suo interno – sembra renderla un terreno in cui più che altrove sono possibili aperture e opportunità per sviluppare e raggiungere realizzazioni di attese, valorizzazioni, rinegoziazioni di obiettivi e prospettive; tuttavia questi processi implicano varie condizioni e iniziative soggettive, strategie fondate su letture e comprensioni non sempre facili, scelte di ambiti in cui giocarsi, perseveranze e deviazioni ben poco rassicuranti.
Uno degli aspetti meno considerati in questa direzione è costituito dal tempo e dall’energia richiesti (e non visti, non retribuiti) ai lavoratori nel ricostruire continuamente le condizioni relazionali perché il compito di lavoro manifesto dell’organizzazione possa essere svolto: l’organizzazione è chiamata a sopravvivere in un ambiente dove i legami sociali tendono a recidersi e tende a sua volta a scaricare sull’individuo i costi di questo adattamento. Questo “lavoro non visto” sembra il sintomo della difficoltà a vedere la dimensione sociale dell’organizzazione, la possibilità di considerarla come luogo di rielaborazione delle difficoltà. Allo stesso tempo i singoli se sono dominati dalla paura che tutto affondi e da letture semplificate, rischiano di non tentare nemmeno di negoziare e di ribadire i loro diritti o di cercarsi un posto altrove.
Come è possibile allora realizzare delle negoziazioni che diano spazio alle situazioni dei singoli senza negare le esigenze dell’organizzazione di adattamento alle condizioni ambientali?

c) Area dell’identità lavorativa

L’identità lavorativa individuale è considerata come processo di costruzione e variegato adattamento alle vicende sociali e alle stratificazioni dell’esperienza soggettiva.
Si può ipotizzare che questo processo sia sempre meno fondato su elementi stabili che scandiscono il trascorrere del tempo e su appartenenze fisse che garantiscono continuità di legami.
Alle persone sono richiesti crescenti investimenti di energie per padroneggiare percorsi lavorativi ed esistenziali spesso frammentati e discontinui, in cui la crescita delle zone di libertà spesso si accompagna ad una crescita dell’ansietà e della percezione di rischio.
C’è l’esigenza e la difficoltà dell’individuo a rappresentarsi la complessità del contesto in cui è collocato. Si tratta di vedere che cosa consente ai singoli di rielaborare questa situazione.

d) Area delle rappresentazioni

Le strutture conoscitive (miti, metafore, simboli, teorie) con cui vengono rappresentate le trasformazioni evocate nelle tre precedenti aree giocano un ruolo molto importante nel facilitare o nell’inibire i processi di negoziazione sociale e di esplorazione del possibile: il prevalere di visioni semplificate della realtà sociale e dell’esperienza individuale impoverisce e rende più difficili i processi di ricomposizione, di ricerca di alternative e di possibili nuove alleanze e integrazioni.
La conoscenza non è un attrezzo pronto all’uso: occorre esaminare le condizioni del suo utilizzo e provare a costruire nuove categorie di lettura dei problemi.


2. I gruppi di lavoro

Attorno a queste ipotesi si sono attivati alcuni gruppi di lavoro. Sono gruppi diversi tra loro per composizione, caratteristiche istituzionali, setting in cui si colloca il lavoro di ricerca, materiali su cui lavorano.

Alcuni sono gruppi omogenei di partecipanti, che appartengono ad una medesima organizzazione, mentre in altri casi sono gruppi costituiti da persone con collocazioni istituzionali e organizzative diverse.
Ci sono gruppi che lavorano su progetti che hanno dei finanziamenti istituzionali, e altri che invece lavorano attraverso forme di autofinanziamento o di lavoro volontario attorno all’oggetto di ricerca.
Ci sono gruppi dove l’interscambio con la ricerca sulla flessibilità fa parte di un percorso più ampio in cui sono impegnati e altri che hanno definito un oggetto di approfondimento ad hoc.
Ci sono gruppi che stanno facendo un lavoro di “secondo livello” rileggendo alla luce delle ipotesi materiali e dati già esistenti, anche raccolti in passato dalla stessa organizzazione, ed altri che hanno invece attivato nuove rilevazioni di dati qualitativi e strutturali.

Anche all’interno dello Studio, oltre allo Staff che sta lavorando sulla preparazione delle giornate, si è costituito un gruppo di lavoro tra colleghi che sta riattraversando le diverse aree tematiche alla luce degli interrogativi che la flessibilità pone anche al lavoro di consulenza e alle organizzazioni che si occupano di consulenza.

Il panorama è quindi molto diversificato, e dice anche quanto il tema su cui lavoriamo attraversi e tocchi molti percorsi, individuali e organizzativi, che si muovono attorno ai temi del lavoro, dell’identità, della ricerca di comprensione degli spazi di progetto individuale e sociale dentro i contesti d’oggi.

La mappa dei gruppi e delle loro collocazioni rispetto alla ricerca ci pare già essa interessante.

C’è una notevole concentrazione di interessi attorno ai temi dell’identità personale e lavorativa, e al tema del rapporto con i contesti organizzativi, rispetto alle altre due aree che riportano più alle dimensioni istituzionali e alle rappresentazioni sociali che ruotano attorno alla flessibilità.
Sembrano emergere degli interessi di ricerca dove, in un certo senso, è più direttamente in gioco il soggetto mentre il contesto normativo-strutturale e culturale sta più sullo sfondo.


3. Alcune prime elaborazioni trasversali

I gruppi stanno operando con tempi e con modalità diversificate. Il percorso di ricerca ci accomuna infatti come “orientamento conoscitivo” attorno al quale incrociare contatti con diverse situazioni e diversi tentativi di comprensione. Ogni gruppo ha tempi, ritmi, vincoli e scadenze diversificati in relazione ai contesti in cui è collocato.

Dalle comunicazioni e dagli scambi che si sono avuti in questi mesi è però possibile identificare alcune prime elaborazioni che permettono di riattraversare le differenti vie di ricerca-azione.

Una prima considerazione in rapporto a quanto sviluppato dai gruppi è che, nell’affrontare il tema della flessibilità, sia cruciale operare una grande differenziazione nei criteri di analisi.
Sono molto alti i rischi di farne delle letture ideologiche o delle letture segnate solo da prospettive unidirezionali e parziali.

Alcuni fattori sembrano esercitare una specifica influenza sui modi con cui i singoli vivono e interpretano le questioni legate alla flessibilità:

  • Le coordinate legate all’età e al sesso (giovani e adulti, uomini e donne, status sociale);
  • Il collegamento a situazioni familiari e ai contesti di vita (ad esempio metropolitani, di provincia, di piccola città);
  • I riferimenti orientanti rispetto alle scelte di un progetto di vita professionale;
  • Le appartenenze culturali e le competenze professionali.

I primi due fattori sono più di tipo strutturale, gli altri più di tipo culturale.

Il “gioco” dei vincoli e delle opportunità della flessibilità cambia in funzione di questi fattori, per cui è difficile tracciare letture risolutive, se non ricorrendo a semplificazioni ideologiche.
Si aprono per contro direzioni di ricerca, ascolto, comprensione, non meno che direzioni di costruzione sociale di ripensamenti attorno alle forme di sostegno, valorizzazione, solidarietà.

a) Essere giovane, essere donna, essere immigrato

Se la flessibilità per un quarantenne viene ad essere un dramma, per un ventenne può essere un’opportunità, per un immigrato l’unica condizione possibile.

Ad esempio da diverse parti emerge un differente atteggiamento dei giovani rispetto al lavoro:

  •  sia rispetto al rapporto “lavoro e progetto di vita”, e dunque alle dimensioni
    di realizzazioni di sé, di desiderio e di espressività;
  • sia rispetto al “lavoro come ambiente sociale” nel quale sviluppare progettualità condivise, e dunque collegato anche ad un modo per collocarsi in rapporto alla società rispetto alla dinamica sociale.

Altre rilevazioni sottolineano che i giovani “progettano a breve”, hanno un “futuro corto” con cui confrontarsi, hanno “relazioni corte” su cui investire.
Su questi atteggiamenti che spesso vengono trattati con giudizi morali possono invece essere poste diverse domande:

  • progettano a breve perché hanno perso la dimensione del sogno?
  • oppure progettano a breve perché fanno i conti con un contesto che
    rende difficile fare progetti a lungo temine, e dunque esprimono una forma
    di adattamento che non necessariamente è da intendersi passiva, ma può
    anche essere attiva e progettuale? È cruciale individuare allora cosa
    distingue le forme di adattamento;
  • oppure ancora progettano a breve perché hanno meno “portato” storico e
    culturale sulle spalle e nelle emozioni e quindi hanno più capacità di
    “abbandono” per poter poi “ricostruire”?

Sempre le ricerche mettono in luce come il giovane non viva più il contesto di lavoro come luogo sociale condiviso con altre persone nel quale sviluppare progetti socialmente condivisi di cambiamento:

  • ma il giovane porta domande diverse nel lavoro rispetto a prima? Oppure
    trova un contesto diverso rispetto a prima e quindi si relaziona ad esso in
    modo diverso?
  • prima l’azienda, la fabbrica, i servizi erano il luogo della politica, del progetto di cambiamento. Oggi non lo sono. E dunque anche il rapporto con questo contesto sociale, le domande portate in esso possono essere diverse?

b) La famiglia

Un secondo aspetto che emerge come rilevante nel leggere la flessibilità è quello della famiglia.

Il tema famiglia può essere visto da almeno due prospettive:

  • la famiglia come responsabilità;
  • la famiglia come protezione.

La famiglia è collegata alla dimensione della responsabilità e questo apre a diverse questioni.
Aumentando le responsabilità familiari, aumentando le persone che “dipendono da me”, aumentano le esigenze di stabilità o di affidamento su punti di riferimento. Il senso di responsabilità e le dimensioni emotive ad esso collegate cambiano i vissuti e il gioco delle opportunità-vincolo rispetto all’incertezza esterna e alla flessibilità che può essere vissuta come subita, come generativa di problemi che aumentano i carichi psicologici rispetto alla responsabilità.
Ma in relazione alla dimensione famiglia aumentano d’altra parte anche i carichi emotivi connessi al dialogo tra i diversi tempi e ritmi chiesti, o imposti, o voluti, o desiderati dalle relazioni, dagli affetti, dal lavoro, dall’incertezza sul futuro.
Cambiano allo stesso tempo anche i gradi di libertà percepiti soggettivamente rispetto a progetti professionali che si muovono cercando di utilizzare le opportunità della flessibilità.

La famiglia è anche luogo di protezione.
La famiglia è sempre stata protettiva, ma oggi lo sembra sempre più nelle sue dimensioni difensive, in particolare con i giovani.
La famiglia “assorbe” l’incertezza da flessibilità, nel bene e nel male. Da una parte permette di sperimentare strade, di provare e provarsi. Evita anche però di prendersi responsabilità e di costruire sui problemi. Per altri versi attenua la dimensione dell’incertezza indotta dall’esterno perché comunque sostiene, integra, dà una mano…

c) Il progetto di sé

Altro fattore importante è quello costituito dalle pressioni del contesto sociale verso l’”auto” o “etero” determinazione nella realizzazione di progetti di vita individuali.

La flessibilità riporta infatti in modo forte alla possibilità di coniugare progetti di vita individuale dentro vincoli e risorse di contesto e di sistema più mobili.

Varie analisi (cfr. in particolare Z. Bauman , U. Beck , R. Sennett, C. Taylor) mettono in evidenza come oggi siano in aumento le dimensioni di etero-determinazione. Si segnala come si sia di fronte ad una apparente maggiore possibilità di autodeterminazione, connessa ad una “ideologia” dell’individuo e del progetto individuale, mentre in effetti si riscontra un aumento delle condizioni di eterodeterminazione da parte di un “sistema” che è sempre più lontano, più pervasivo, e meno “combattibile”. Il progetto sarebbe pertanto più “costretto” anche se apparentemente più libero.

Ma allora ieri vi erano più opportunità di auto-determinazione? Sembra che questo pensiero riporti ad una prospettiva che vede nel passato, pur di fronte a strutture normative e valoriali più forti (Chiesa, ideologie, …), e quindi più etero-direttive, una maggior possibilità di una loro identificazione, e quindi una maggiore possibilità di agire (o di tentare di agire) progetti di cambiamento personale e sociale.

Quello che forse ci propongono le riflessioni, anche quelle che stiamo facendo attorno alla flessibilità, è che cambiano i vincoli, le risorse, le prospettive di lettura e il pensarsi dentro ad una dinamica sempre aperta tra etero ed auto determinazione. Allo stesso tempo si ripropongono le dinamiche tra uguaglianza e differenza, tra destini personali e destini sociali, dove però l’individualità sta al di fuori di ogni contesto e si ritrova sola, con unico riferimento alla propria biografia.

d) Gli attaccamenti alle appartenenze culturali e alle competenze professionali

Se da una parte la nostra società viene descritta come fluida, liquida, società in cui le strade individuali trovano pochi appigli in aree intermedie tra individuo e contesto sociale più macro e galleggiano in un universo flessibile, d’altro lato è vista anche come società che ha una “densità di portato” che “pesa” e che “ottunde” la possibilità di pensare e di pensarsi diversamente (cfr. C. Castoriadis).

Quanto più un soggetto, individuale o sociale, si ritrova ricco di un patrimonio culturale e professionale, tanto più teme di perderlo e fa anche fatica a pensarsi creativamente nei rapporti con il lavoro, la professione, nel tenere il dialogo tra identità personale e lavorativa.
È condizionata la possibilità di immaginarsi in scenari diversi: con la flessibilità sono costretto a “fare” diversamente, ma non posso “pensare” diversamente.

Ma non è così per tutti allo stesso modo. Da questo punto di vista ci sono dei soggetti che attraversano i nostri contesti sociali e che sembra siano più “leggeri”, che sembra abbiano poco da lasciare e molto da trovare, meno da decostruire e più da costruire: questi possono essere i giovani e gli stranieri.
La loro maggiore “leggerezza” può metterci anche in crisi quando ci rimanda il nostro “peso” e la nostra fatica a innovare, a cambiare, a slegarci da sicurezze che sono anche gabbie.


Staff responsabile

Francesco d’AngellaGrazia GacciFranca Olivetti Manoukian, Gino Mazzoli e Valter Tarchini.

 

PROGRAMMA

La ricerca avviata si sviluppa come percorso a cui prendono parte i vari gruppi attivati attraverso elaborazioni differenziate e con interessanti processi di indagine, di interazione e di riflessione.
La acquisizioni conoscitive prodotte e i processi con cui vengono via via costruite possono trovare nelle Giornate di Studio un significativo momento di incrocio e di ulteriore elaborazione.

In questo senso, ci sembra importante caratterizzare le Giornate come ambito di lavoro, tra interlocutori a diversi livelli che, partendo dai lavori in corso di svolgimento da parte dei gruppi, suggerisca focalizzazioni e ipotesi, collegandoli tra loro anche attraverso connessioni e ulteriori aperture interpretative.

Interlocutori a diversi livelli possono essere in particolare: persone coinvolte direttamente nei gruppi di ricerca; persone appartenenti alle organizzazioni collegate ai gruppi; persone che hanno partecipato alle Giornate dello scorso anno e che sono interessate a sviluppare questo ulteriore lavoro di approfondimento; altre persone che i gruppi ritengono di poter coinvolgere e interessare.

L’organizzazione delle due giornate prevede la costruzione di un setting che, in termini di tempi a disposizione, articolazione in più gruppi a contenuto numero di partecipanti, presentazione selezionata di contenuti, forme di comunicazione appropriate, ci sembra possa favorire la ricerca, lo scambio, il confronto, la co-costruzione, l’individuazione di nuove rappresentazioni. Anche la durata è stata portata a due giornate piene anziché a una giornata e mezza come negli scorsi anni.


24 ottobre 2002
+

9.30 – 10.30 Introduzione ai lavori a cura dello Studio APS.—————————————————————————————————————
10.30 I parte

Presentazione di contenuti significativi del lavoro dei gruppi.
Connessioni trasversali.
Riferimenti alle ipotesi sulla flessibilità.

A cura dei Gruppi e dello Staff dello Studio APS.

13.00 – 14.00 Intervallo
14.00 – 17,30 II parte

Indicazioni di tematiche per i lavori di gruppo della giornata successiva.


25 ottobre 2002
+

9.30 – 13.00 Lavoro in gruppi eterogenei (10-15 persone) di approfondimento di tematiche trasversali.
13.00 – 14.00 Intervallo
14.00 – 17,30 Condivisione dei lavori dei gruppi.
Individuazione di riferimenti e ipotesi sul tema della flessibilità e di accordi per continuare il lavoro di ricerca in corso.