Sull’onda di eventi storici e culturali diversi, si è andata via via sviluppando nelle organizzazioni sociali una cultura organizzativa tesa a smitizzare, l’accezione del rapporto di potere come rapporto caratterizzato da asimmetria e da unidirezionalità.

Questo cammino può essere schematicamente richiamato ricordando eventi ben noti:

  • l’importazione in Europa della cultura manageriale statunitense, che ha introdotto nelle Aziende la necessità di passare da modi burocratici e autoritaristici a forme pi- partecipative di gestione del potere;
  • il movimento sindacale, che ha generato forti spinte volte ad ottenere che i lavoratori “contassero di più e guadagnassero di più”, attraverso l’introduzione della contrattazione collettiva, la sottrazione della leva della remunerazione alla gerarchia aziendale, la richiesta di partecipazione;
  • i movimenti del ’68, di contestazione, svelamento, attacco all’autorità, che hanno dimostrato come il rapporto di potere non sia un rapporto irreversibile.

Questi ed altri eventi (rimettendo in discussione, talvolta in modo confusivo, i concetti e i modi d’uso del potere, dell’autorità, dell’influenza), hanno sostenuto, in quegli anni, lo sviluppo di una cultura collettiva condivisa, che ha tentato di modificare i tradizionali rapporti “capo-collaboratore”-“superiore-sottoposto”.

Tale evoluzione culturale, che ha investito anche le organizzazioni produttive, non è però riuscita a sostenere una effettiva elaborazione di queste problematiche a livello individuale, microsociale e delle singole organizzazioni.
Così, molto spesso i modelli utilizzati nella quotidianità per comprendere il fenomeno dell’esercizio dell’autorità, hanno continuato ad essere invariabilmente imperniati sulla “forza” e sulla “dominazione” delle situazioni.

Al tempo stesso si è riscontrata l’incapacità di sostenere la sperimentazione e la messa a punto di modalità relazionali nuove, in grado di garantire la realizzazione di obiettivi e funzioni organizzative senza ricorrere alla reciproca sottomissione.
Ciò ha portato ad una diffusione di modalità di esercizio del potere, di governo depurate dalle valenze autoritarie, attente alle forme relazionali e comunicative, che non riescono però a mascherare la loro carenza di consenso sostanziale.

Questa situazione di stallo segna tutti gli anni ’80. Non a caso, in quegli anni, di questo problema si parla indirettamente e comunque in modo privo di spessore problematico. Dopo il decennio della “interrogazione e della elaborazione” si passa al primato del “fare”, al “si fa, ma non si dice”.

L’elaborazione culturale e l’invenzione operativa sembra bloccata tra modelli socialmente delegittimati e incapacità di produrre nuovi modelli di esercizio del governo.

Fatte salve alcune eccezioni importanti, anche le scienze sociali e la ricerca socio organizzativa, soprattutto in Europa, mostrano disattenzione per questo problema.

Negli Stati Uniti molte ricerche sono orientate a rendere più efficace il comportamento manageriale come ad esempio la ricerca sugli stili di leadership, entro un accezione prevalentemente individualistica.
In un’ottica diversa si è mosso un altro filone di ricerca che porta attenzione al problema del governo delle organizzazioni come ad un problema di gestione delle informazioni e dei processi decisionali. L’enfasi viene posta sui dati, sui sistemi informativi, sulla gestione per obiettivi, sul management come razionalizzazione delle informazioni, la qualità è vista come un valore in sé, cui è possibile aderire. In questo orientamento, che ha avuto ampia eco e diffusione in Europa resta, a nostro avviso, discutibile la solida fiducia nel fatto che gli individui e i gruppi siano orientati alla azione in funzione di dati oggettivi che provengono dal mondo esterno.
A fronte di questo panorama, nel corso degli ultimi anni sembrano trovare ascolto voci e ricerche di segno opposto.
L’ottica sistemica e le teorie della complessità applicate al fenomeno organizzativo, le ricerche sulla cultura di impresa e sul cambiamento organizzativo portano l’attenzione sui fenomeni di auto organizzazione, sul valore dell’intuizione nei processi decisionali, sulle forme organizzative caratterizzate da legami deboli e da strutture meno piramidali.
L’idea stessa di potenti soggetti organizzativi, individuali o collettivi, attori di decisioni precise e razionali, è messa in dubbio da alcuni studi.

Oggi quindi, chi si trova a gestire nelle organizzazioni socio-lavorative ruoli di comando e di coordinamento si trova confrontato con:

  • la necessità di funzionamento policentrico, decentrato, flessibile articolato e nello stesso tempo l’esigenza di costruzione di elevate sinergie interne;
  • l’esigua elaborazione di modelli culturali capaci di orientare nell’azione a fronte della crisi di modelli gerarchici, verticali, razionalizzanti;
  • la diffusa esigenza di “governo”, le attese elevate nei confronti di chi dovrebbe governare, e la contemporanea difficoltà a legittimare con autorevolezza questi ruoli;
  • la difficoltà critica a governare situazioni lavorative distanti dai modelli di razionalità.

Ai confini di questo quadro composto, dove esigenze di governo ed evoluzione sociale coesistono dentro le organizzazioni senza generare apparentemente nuovi modelli gestionali, può essere infine interessante osservare il comportamento di soggetti sociali più “trasversali” alla tradizionale gestione del potere e del comando.
Le donne per esempio, almeno quelle più impegnate in diversi ambiti culturali, sindacali, dell’associazionismo femminile, oltre a confrontarsi con l’annoso problema dell’accesso a ruoli di comando, sembrano talora ricercare modelli e modalità nuove di gestione del potere.

Le Giornate di Studio si propongono di affrontare una riflessione e un confronto su questi aspetti perché:

  • un’analisi più approfondita, confrontata ed articolata sul fenomeno della gestione del potere e del governo nelle organizzazioni produttive può meglio mettere a fuoco radici e tendenze e può permettere una conoscenza meglio approssimata di un problema critico;
  • chi ha responsabilità gestionali è continuamente sollecitato a dare risposte certe in un contesto incerto, tamponando individualmente, con fatica e stress, un disagio che nasce dalle debolezze delle strutture e delle riflessioni organizzative;
  • per chi si occupa di formazione e di consulenza è utile individuare in modo più specifico le variabili di un fenomeno che continuamente si ripresenta, nelle organizzazioni di lavoro: può consentire di individuare meglio esigenze dei clienti alle quali rispondere senza sostituirsi ad essi.

6 giugno 1991
+

9.30 – 13.00 Introduzione a cura di Cesare Kaneklin.

LE ORGANIZZAZIONI VERSO NUOVE REGOLE DEL GIOCO O ALLA RICERCA DELL’ORDINE PERDUTO?————————-

A cura di Eugène Enriquez.

Discussione.

15.00 – 18.30 GOVERNO E CONOSCENZA: OVVERO DELLA MITIZZAZIONE DEL RAPPORTO TRA POTERE E RAZIONALITÀ

A cura di Gianluca Biggio e Achille Orsenigo.

Discussione.

19.00 Cena.
“Chiacchiere e musica”.


7 giugno 1991
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9.30 – 13.00 QUADRI AL FEMMINILE E FEMMINILIZZAZIONE DEL MANAGEMENT

A cura di Laura Ambrosiano e Cesare Kaneklin.

Testimonianze.

15.00 – 18.00 Intervista a testimoni aziendali e di servizi pubblici.
17.00 Conclusioni.