Il tema

Nelle Giornate di Studio 2000 l’attenzione sarà rivolta ad alcuni fenomeni che oggi segnano fortemente la quotidianità dei contesti lavorativi e che sembrano riconducibili all’introduzione di nuove strumentazioni tecnologiche collegate, in modo più o meno diretto, ai processi di razionalizzazione organizzativa in atto.

Si tratta di affrontare una problematica particolarmente densa, avvolta da un’inevitabile opacità e carica di interrogativi relativi alle complesse relazioni esistenti tra la ricerca di efficienza dei sistemi produttivi e gli interessi, i propositi, gli atteggiamenti e le rappresentazioni delle persone, essenziali componenti della realtà lavorativa.

Affetti e tecnologie: due parole che rimandano a mondi distanti e separati, apparentemente dominati da opposte istanze, parole evocative che aprono grandi scenari, ma che possono avere declinazioni più precise in riferimento alle trasformazioni che attraversano le organizzazioni e in particolare le organizzazioni che producono servizi.

Tecnologie: indica complessivamente quei processi di razionalizzazione che modificano o tendono a modificare in modo consistente le logiche e le modalità concrete di svolgimento delle attività lavorative, come ad esempio l’utilizzo in rete di sistemi informativi, la certificazione di qualità, le procedure di accreditamento, i sistemi di valutazione del personale, l’introduzione della logica di decentramento del budget e di centralizzazione del controllo.

Affetti: esprime la sfera di investimenti relazionali ed emotivi che circolano all’interno delle organizzazioni lavorative e che riguardano i rapporti tra persone e gruppi, tra soggetti collocati in posizioni disimmetriche, portatori di diverse culture e competenze; i rapporti che i singoli hanno con l’organizzazione nel suo insieme, sostenuti da diverse identificazioni; i rapporti con mutevoli oggetti di lavoro, variamente riconosciuti, assunti e condivisi.

La congiunzione “e” segnala che connessioni e intrecci tra queste diverse dimensioni dell’agire nelle organizzazioni non sono immediati.

Si adottano tecnologie sofisticate per rendere più rapido il trattamento dei dati, per valutare costi e rendimenti, per facilitare le comunicazioni, per raggiungere maggiore efficienza ed efficacia. Tutto dovrebbe concorrere al miglioramento delle condizioni di produzione e dei risultati attesi, per cui si mobilitano (vengono proposti e richiesti) coinvolgimenti di tutti i livelli organizzativi, da chi lavora a diretto contatto con il cliente finale a chi ha ruoli direttivi e gestionali. Ma accanto ad adesioni positive e ad attese fiduciose emergono anche – e spesso in modo prevalente – reazioni confuse, smarrimenti, diffidenze, ambivalenze e si diffondono disaffezioni per il lavoro, allentamenti di legami, indebolimenti di identificazioni, insoddisfazioni a cui sono sottese incertezze e paure per il futuro. Si generano turbolenze affettive che condizionano e rischiano di vanificare gli investimenti per rendere l’organizzazione e i suoi prodotti più adeguati alle esigenze del mercato.


Specificità dei Servizi

Anche i Servizi sanitari e sociali, per effetto di un’assimilazione con altre organizzazioni produttive (che spinge verso una più marcata “aziendalizzazione”) e per le crescenti pressioni al raggiungimento di una maggiore efficienza, sono impegnati in processi di innovazione in cui il ricorso a tecnologie, che in forme sempre più accessibili si presentano idonee ad offrire soluzioni solide e definitive per problemi lavorativi e organizzativi, è fortemente presente.

L’incontro con le tecnologie, portatrici di indiscutibile razionalità ed efficienza operativa, è così intrinsecamente colorato di ottimismo e alimenta aspettative di riuscita e di successo. In particolare nei Servizi pubblici, negli Enti locali, nelle aziende sanitarie e socioassistenziali, sembra di poter corrispondere per questa strada ad un risanamento di sprechi e disfunzioni, insistentemente richiesto anche a livello politico. Su questa onda si arriva talvolta quasi a delegare, in modo acritico, alle tecnologie e alle razionalizzazioni ad esse connesse delle riprogettazioni parziali o complessive del funzionamento organizzativo e delle attività operative.

Ma se è vero che ogni innovazione tecnologica si inscrive in una logica organizzativa, ne è portatrice e promotrice, trasformando decisamente prodotti e modi di produzione, è anche vero che nelle organizzazioni che producono servizi, dove l’oggetto di lavoro è comunque poco tangibile e relativamente indefinito, l’introduzione di razionalità cogenti, mutuate da strutture e culture orientate alla produzione di merci, può facilmente tradursi in procedure astratte di controllo dell’operatività, in richieste di sottomissione a regolamentazioni autoritarie estranee al contesto e sostanzialmente non legittimate. Si possono sviluppare allora sostegni e condivisioni all’introduzione di processi di razionalizzazione che sono dettati da dipendenza o da un uniformarsi strumentale a modelli dominanti o da ricerca di acquisizione di potere e d’altro lato, a volte in modo speculare, possono manifestarsi reazioni di contrapposizione e rifiuto, di passività e silente ostruzionismo.

In queste vicende quel che appare soprattutto in gioco è l’investimento progettuale complessivo per la realizzazione di cambiamenti che effettivamente possano migliorare la produzione di servizi attraverso l’ausilio integrato delle tecnologie, delle competenze e delle motivazioni dei soggetti coinvolti.


La sfida

Non si tratta di schierarsi pro o contro, di sposare le nuove tecnologie o di prendere sdegnosamente distanza.
Emerge piuttosto come cruciale la necessità di un confronto approfondito con le ambivalenze e i paradossi che la loro introduzione trascina nelle situazioni lavorative, provocando confusioni e inquietudini, affaticamenti e dispiaceri.

Le persone sembrano esposte a continue richieste paradossali.
I nuovi strumenti informatici richiamano e sostengono anche concretamente l’importanza e la facilità di sviluppare comunicazioni e connessioni, integrazioni tra diversi ruoli e diverse parti dell’organizzazione per garantire servizi più adeguati: d’altro lato gli stessi strumenti allentano interazioni tradizionalmente consolidate tra colleghi e svuotano ambiti di ricomposizione parziale costituitisi nel tempo, rafforzano le prestazioni individuali, collocando ciascun operatore in ruoli definiti da responsabilità e competenze specifiche che alimentano divisioni dell’attività e frammentazioni.

Per la qualità dei servizi si insiste sulla centralità del cliente, l’attenzione alla sua specifica individualità che richiede di affinare competenze per fornire risposte precise, differenziate, mirate, prendendo decisioni discrezionali; d’altra parte si assiste al moltiplicarsi di procedure di controllo sull’operatività dei singoli, attraverso moduli di rilevazione di tempi e contenuti dell’attività, attraverso iter prefissati per l’approvazione di ogni tipo di domanda, attraverso una costante richiesta di visibilizzazione del lavoro svolto, che porta a perdere di vista gli obiettivi reali e prioritari del lavoro e a scivolare in nuove forme di burocratizzazione.

La decentralizzazione che viene introdotta attraverso l’articolazione in centri di costo, la definizione di budget per settori e unità operative, l’impostazione di strutture a rete comporta l’esercizio di autonomie decisionali da parte dei responsabili anche a livelli intermedi; contemporaneamente tuttavia si sono realizzati accorpamenti e ridefinizioni di ambiti territoriali, suggeriti da criteri di efficienza economica che sul piano organizzativo di fatto portano a verticalizzazioni dei gradi di responsabilità, allontanano sempre più chi dirige dalla quotidianità dei problemi e appesantiscono chi opera alla base.

La produzione di servizi diversificati e individualizzati e al tempo stesso rispondenti a criteri di ottimizzazione del rapporto costi/benefici richiede ai singoli operatori una forte condivisione della mission dell’organizzazione di cui fanno parte e una interiorizzazione di orientamenti e finalità che illuminino criteri e obiettivi per l’azione. Al di là di tutte le questioni che questo apre nelle relazioni individuo-organizzazione, datore di lavoro-lavoratore e al di là delle massicce barriere che nel nostro paese rendono fragili le identificazioni con tutto ciò che è pubblico, se da un lato si punta al massimo per ottenere adesione, dall’altro si proclama la necessità di ristrutturazioni e di flessibilità organizzative che si traducono in spostamenti di personale, cambiamenti rapidi di capi e colleghi, modificazioni sostanziali nei contenuti delle attività. Si generano così insicurezze e incertezze, si inducono continue perturbazioni nelle motivazioni e negli investimenti che i singoli possono avere rispetto al lavoro e che riguardano soprattutto gli elementi con cui si è quotidianamente a contatto.

Non possiamo eludere queste situazioni paradossali che continuamente si ripropongono nelle organizzazioni e in particolare nei Servizi. Neppure possiamo immaginare che siano facilmente riducibili eliminando le contraddizioni, né possiamo illuderci di ricorrere ad una utopica razionalità ricompositiva o di minimizzare o addomesticare le passioni e le disperazioni. Siamo piuttosto chiamati a entrare in campo, a misurarci con le incongruenze. Come sappiamo i paradossi nel sociale sono aree di opportunità.
Inerzie e ritardi che, forse più che in altri settori, sembrano accompagnare nei Servizi introduzioni di tecnologie e razionalizzazioni organizzative possono essere letti non solo e non tanto come resistenze ai cambiamenti, da combattere o segnali di bassa propensione alla modernizzazione, derivanti da orientamenti culturali arretrati: possono essere visti come spie di difficoltà (probabilmente presenti in forme meno esplicite anche in altre organizzazioni) che vanno affrontate con analisi più sottili e perspicue, con comprensioni più attente alle specificità culturali dei contesti organizzativi e alla complessità inscritta nel lavorare con oggetti almeno in parte immateriali.

Sono queste osservazioni e preoccupazioni che mettiamo al centro delle Giornate di Studio per costruire con diversi interlocutori confronti e approfondimenti, per mantenere viva la ricerca sulla realtà organizzativa, per rivisitare alla luce di ulteriori e più affinati riconoscimenti dei problemi orientamenti e scelte nel campo della formazione e della consulenza.


26 ottobre 2000
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9.30 Presentazione delle Giornate di Studio a cura di Angelo Riccio.
LA MODERNIZZAZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI LAVORATIVE TRA TRASPARENZE E OCCULTAMENTI, RICONOSCIMENTI E NEGAZIONI, SPERANZE E SOFFERENZE

A cura di Marco Brunod.

INEDITI MODELLI DI FUNZIONAMENTO ORGANIZZATIVO E RIPROPOSIZIONI DI COLLAUDATE SEMPLIFICAZIONI DELLA COMPLESSITÀ NELL’ERA DEL MERCATO GLOBALE

A cura di Bruno Manghi.

RAZIONALIZZAZIONI ORGANIZZATIVE: COSTRUIRE E DISTRUGGERE PRODOTTI E AFFETTI

A cura di Renato Rozzi.

14.30 Lavori di gruppo su questioni aperte dalle relazioni della mattina.
20.00 Cena presso la sede dello Studio APS.

 


27 ottobre 2000
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9.30 Presentazione e discussione sugli esiti dei lavori di gruppo.
Dibattito.
COME MUOVERSI IN QUESTI CAMBIAMENTI, IL POSSIBILE RUOLO DELLA FORMAZIONE E DELLA CONSULENZA

Conclusioni a cura di Franca Olivetti Manoukian.